Indagini aziendali, private, difensive e tecniche informatiche. Tn team di investigatori privati competenti consulenti investigativi ed esperti in diverse scienze investigative forensi che operano in sinergia per lo sviluppo di progetti di indagine strutturati ad hoc per le esigenze del Committente.
Indagini private, aziendali, difensive e tecniche informatiche. Quando costo un investigatore Privato?
Costi orari e giornalieri degli investigatori privati a livello di tariffe, per un servizio efficace non si può scendere al di sotto di un minimo di 500 euro. I detective privati generalmente propongono tariffe giornaliere tra 500 e 1.000 euro, oppure tariffe orarie di circa 45 € all'ora per agente operativo.
IDFOX InvestigazioniSince 1991 — Forniamo servizi investigativi pernsonalizzati e concreti per eventuali uso Legale. Affidati con fiducia all’agenzia IDFOX Investigatori privati esperti, seri e e competenti appassionati. Private Detective specializzati.
Cosafacciamo?
Siamo specializzati nelle indagini private , aziendali e tecniche informatiche; Indagini falsi infortuni violazione Legge 104 - falsa malattia, concorrenza sleale, assenteismo dipendete- socio e partners commerciale.
o Investigazioni per Studi Legali
IDFOX Investigazini – Since 1991 - comprovata esperienza nello svolgimento di indagini volte a reperire prove e informazioni da utilizzare in sede civile e penale.
L'Agenzia Investigativa IDFOX Investigation , da oltre 30 anni, si conferma azienda Leader nel campo delle Investigazioni private e aziendali ed informatiche in Italia e all'estero; operiamo in oltre 170 paesi nel mondo e con circa 400 corrispondenti online
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ALCUNI CLIENTI IN FASE DI UN COLLOQUIO TELEFONICHO CHIEDONO:
1-Quanto costo un servizio investigativo?
2- Le Investigazioni private sui dipendenti: sono legittime o violano la privacy?
Il tema delle investigazioni private sui dipendenti è un tema frequente e attuale. Sono sempre di più le aziende che decidono, quando la situazione sembra non essere chiara, di ‘controllare’ l’operato dei loro dipendenti e per farlo, il più delle volte, assumono un investigatore privato. Come vedremo di seguito, però, esistono dei limiti e delle regole da rispettare per evitare di violare il diritto alla privacy delle persone.
Poteri e limiti del datore di lavoro
Ogni contratto di lavoro si caratterizza per la supremazia del datore di lavoro e per la corrispondente posizione di soggezione del lavoratore. Nella sua qualità di creditore di lavoro subordinato, il datore di lavoro esercita nei confronti del lavoratore, oltre al potere direttivo e al potere disciplinare, anche il potere di controllo volto a verificare l’esatto adempimento degli obblighi del dipendente. Tale potere di controllo, però, non è assoluto, ma è soggetto a vincoli tesi a garantire il rispetto del diritto del lavoratore alla tutela della sua dignità e riservatezza.
Il datore di lavoro, ad esempio, ha il potere di controllare che il lavoratore, nell’esecuzione della prestazione lavorativa, usi la diligenza dovuta, osservi le disposizioni impartitegli, rispetti gli obblighi di fedeltà sullo stesso gravanti.
Lo Statuto dei lavoratori, entrato in vigore con la legge n.300 del 20 maggio 1970, ha circoscritto con precisione i limiti entro i quali il datore di lavoro può esercitare il proprio potere di controllo.
Gli articoli dello Statuto a tutela della riservatezza dei lavoratori
Al fine di tutelare la dignità, la libertà e la riservatezza dei lavoratori, gli art. 2, 3 e 4 dello Statuto dei lavoratori individuano a tal proposito specifici limiti.
“Spiare” i dipendenti: quando è lecito
Nonostante questi articoli siano così limitativi e si pongano a tutela del lavoratore e della sua dignità, lo Statuto non preclude al datore di lavoro la possibilità di ricorrere ad agenzie investigative per controllare l’operato del lavoratore purché questo avvenga fuori dalla sede operativa.
Se è vero, dunque, che il datore di lavoro non può mai controllare il dipendente mentre sta lavorando e ha il divieto categorico di verificare se esegue correttamente le mansioni assegnategli, è anche vero però che può farlo alla fine dell’orario di servizio. In tal caso, infatti, il pedinamento non si risolve in un controllo sulla prestazione lavorativa e sull’efficienza dello stesso, ma su comportamenti esterni che potrebbero ugualmente danneggiare l’azienda. Si pensi, ad esempio, al dipendente in malattia che, in realtà, sta benissimo, o a quello che usa i permessi della legge 104 per fare una gita, o ancora a quello che ha un secondo lavoro in concorrenza con quello del datore.
Dunque, i controlli dell’agenzia investigativa sono legittimi e non violano la privacy del dipendente solo se:
* effettuati in luoghi pubblici, ossia né in azienda né all’interno della dimora del lavoratore (ove sussiste il divieto di interferenze nella vita privata);
* riguardano fatti estranei alla prestazione lavorativa: pertanto è vietato il pedinamento del dipendente in missione se eseguito per verificare come si comporta con i clienti e i fornitori; è lecito invece se eseguito al fine di accertare se questi sta davvero svolgendo i compiti che gli sono stati impartiti dal datore di lavoro.
L’investigatore privato, quindi, non viola la privacy dei dipendenti se si apposta all’uscita dell’azienda per controllare chi va via prima dell’orario di chiusura e dove si reca. Il pedinamento del lavoratore che non rispetta i propri turni e abbandona il posto di lavoro anzitempo è lecito.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile- L, Ordinanza 20 novembre 2018 – 1 marzo 2019, n.6174
A proposito della liceità delle investigazioni private e della tutela della privacy del lavoratore si è espressa l’ordinanza n.6174/19 del 1° marzo 2019.
Con questa sentenza la Corte d’Appello di Bari confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede e per effetto respingeva la domanda proposta da S.S. nei confronti di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) per l’impugnazione del licenziamento disciplinare ricevuto.
RFI contestava al lavoratore di essersi ripetutamente assentato dal posto di lavoro durante l’orario di servizio rimanendo assente per diverso tempo (da 15 minuti a più di un’ora) senza timbrare il badge in uscita e facendo così risultare la regolare presenza in servizio. L’azienda era venuta a conoscenza di tali illeciti grazie a delle investigazioni private svolte al di fuori dell’ambiente lavorativo.
Di contro, il lavoratore, aveva fatto appello all’illegittimità delle indagini investigative e alla possibile violazione della sua privacy.
Nel caso in esame, però, il controllo non era diretto a verificare le modalità di adempimento della prestazione lavorativa, bensì «la condotta fraudolenta di assenza del dipendente dal luogo di lavoro nonostante la timbratura del badge». Non sussisteva, quindi, una violazione della privacy del lavoratore seguito nei suoi spostamenti, in quanto il controllo era effettuato in luoghi pubblici e finalizzato ad accertare le cause dell’allontanamento. La Corte aveva perciò rigettato il ricorso.
Secondo la Cassazione è legittimo il licenziamento in tronco di un dipendente per essersi ripetutamente allontanato dall’ufficio durante l’orario di servizio senza timbrare il badge in uscita e facendo così risultare la regolare presenza in servizio.
Quanto alla legittimità dell’attività svolta dall’agenzia investigativa, la Cassazione ha ricordato che i controlli del datore di lavoro, anche a mezzo di agenzia investigativa, sono legittimi ove siano finalizzati a verificare comportamenti del lavoratore che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti o integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore di lavoro; non possono invece avere a oggetto l’adempimento/inadempimento della prestazione lavorativa in ragione del divieto previsto dallo Statuto dei lavoratori.
Le investigazioni aziendali
È necessario, quindi, alla luce di queste osservazioni, che un datore di lavoro valuti attentamente le azioni da intraprendere. Le indagini aziendali hanno come scopo principale quello di raccogliere informazioni precise e prove sui lavoratori al fine di tutelare gli interessi aziendali. Queste indagini possono essere richieste dal titolare dell’azienda o dal legale rappresentante o da chi ha il potere di prendere queste decisioni.
Le investigazioni aziendali possono essere fatte per effettuare delle verifiche sul personale, sulla fedeltà di soci e dipendenti, per la tutela del patrimonio scientifico e tecnologico, per la tutela di marchi e brevetti, per casi di concorrenza sleale, per illeciti da parte del prestatore di lavoro.
Le indagini sul personale e quelle pre-assuntive oggi sono sempre più frequenti.
Le prime sono generalmente finalizzate per verificare i casi di assenteismo, di false malattie, le false timbrature di cartellini, gli abusi dei permessi aziendali e quelli con la legge 104.
Le seconde, invece, sono mirate a valutare l’excursus professionale del candidato, verificandone le referenze professionali, i feedback reputazionali che ne confermino la correttezza ed integrità morale.
IDFOX Investigation ; propone servizi differenziati a seconda dell’esigenza dell’azienda sempre e solo con l’obiettivo di salvaguardare il Patrimonio Aziendale.
IDFOX Investigazioni S.r.l. Since 1991 - è un agenzia Investigativa Autorizzata dalla Prefettura di Milano - e specializzata nelle indagini private; aziendali; tecniche informatiche e in servizi di Tutela del Patrimonio Aziendale.
Quando il datore di lavoro può leggere le mail dei dipendenti? Richiedi una consulenza all’agenzia Investigativa IDFOX Investigazioni – Since 1991-
A quale condizione il datore di lavoro può effettuare controlli sulle email aziendali e sugli strumenti informatici personali del lavoratore?
L’accesso del datore alle mail aziendali del dipendente è un tema delicato, regolato dal Jobs Act e dal GDPR per garantire, da un lato, la tutela del patrimonio aziendale e, dall’altro, la privacy dei lavoratori. Recenti sentenze hanno chiarito quando il datore di lavoro può leggere le mail dei dipendenti ed effettuare controlli per elevare contestazioni disciplinari.
In questo articolo, vedremo come funzionano i controlli sugli strumenti informatici in uso ai lavoratori, quali sono le condizioni per l’accesso all’account di posta elettronica aziendale dato in uso al dipendente e quali sono le conseguenze di una raccolta di prove avvenuta in modo illecito. Ma procediamo con ordine.
Indice
* Il datore può accedere alla mail aziendale del dipendente senza motivo?
* Quali sono le conseguenze di un accesso illecito alle mail aziendali?
* Quali sono le condizioni per il controllo delle mail aziendali?
* Cosa dice la giurisprudenza sui controlli delle email aziendali dei dipendenti?
* Cosa si intende per controllo ex post?
Il datore può accedere alla mail aziendale del dipendente senza motivo?
Il datore di lavoro non può accedere alla mail aziendale del dipendente senza un motivo valido. Secondo la giurisprudenza (ad es. Trib. Roma, sent. n. 1870/2024 del 14 febbraio 2024) egli può acquisire informazioni dalle mail aziendali del dipendente solo se vi è un “fondato sospetto” di condotta illecita e unicamente a partire da tale momento. Pertanto sono illeciti:
* i controlli a ritroso, ossia eseguiti prima che il sospetto si sia manifestato;
* gli accessi esplorativi, indiscriminati e in modalità “random”, fatti al solo scopo di prevenire violazioni disciplinari.
Qualsiasi informazione ottenuta in modo illecito non può essere utilizzata in un eventuale giudizio.
Quali sono le conseguenze di un accesso illecito alle mail aziendali?
Se un datore di lavoro accede illecitamente alle mail aziendali di un dipendente, violando il GDPR (il regolamento europeo sulla privacy), le informazioni così acquisite non fanno prova.
Sicché, semmai il dipendente dovesse contestare la sanzione disciplinare – come nel caso di un licenziamento motivato proprio sulla base delle informazioni acquisite tramite l’accesso all’email aziendale – la sanzione stessa deve essere annullata.
Quali sono le condizioni per il controllo delle mail aziendali?
Sicuramente il datore di lavoro non può controllare gli strumenti informatici personali dei dipendenti, come tablet e smartphone. Le verifiche a distanza possono riguardare solo il materiale fornito dall’azienda stessa.
Con riferimento a tali dotazioni, il datore di lavoro non necessita della preventiva autorizzazione dei sindacati per controllare le mail aziendali, ma deve informare preventivamente i dipendenti della possibilità di tali controlli.
Tuttavia, come detto sopra, il controllo e la raccolta delle prove possono avvenire solo dal momento in cui si sono manifestati indizi concreti di illeciti disciplinari. Questo significa che il datore può utilizzare strumenti tecnologici per accertare condotte illecite solo quando ci sono prove sufficienti che giustifichino tale ingerenza sulla privacy.
È sempre il Tribunale di Roma, in un altro precedente (sent. del 13.06.2018) a indicare quali sono le condizioni per il controllo delle email aziendali. Secondo i giudici della capitale, contemperando l’interesse al controllo e la protezione della dignità e riservatezza dei lavoratori, il dipendente può essere controllato con mezzi a distanza, ma solo se sussistono tutti i seguenti presupposti:
* il datore deve aver previamente informato il lavoratore che l’impianto è stato installato, e che vi si potranno esperire controlli;
* il controllo deve essere effettuato in conformità al Codice della privacy.
Tali regole valgono sempre, alla sola condizione che si tratti di strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
Ne consegue che sia la posta elettronica che il software PRS rientrano in tale categoria, trattandosi di strumenti che, pur non avendo finalità di controllo (ma lavorative) consentono il controllo “a distanza” dell’operato del lavoratore.
Cosa dice la giurisprudenza sui controlli delle email aziendali dei dipendenti?
La pronuncia del Tribunale di Roma sopra citata riporta le seguenti istruzioni: «La legittimità dei controlli cosiddetti “difensivi” presuppone il “fondato sospetto” del datore di lavoro circa comportamenti illeciti di uno o più lavoratori. Ne consegue che il datore di lavoro non è abilitato ad eseguire tali controlli in funzione esplorativa e risulta autorizzato a raccogliere informazioni solo successivamente all’insorgere del “fondato sospetto”, sicché sono utilizzabili ai fini disciplinari unicamente le notizie successive al legittimo controllo».
Cosa si intende per controllo ex post?
Il controllo ex post si riferisce alla raccolta di informazioni a partire dal momento in cui si manifestano gli indizi circa il comportamento illecito del dipendente. Non è necessario che il datore raggiunga la “prova certa” (diversamente non avrebbe ragione di dover cercare ulteriori conferme nelle mail). I giudici parlano di sospetto – e non qualsiasi tipo di sospetto, ma uno “fondato” – proprio per consentire al datore di integrare gli indizi che ha già raccolto con una prova utilizzabile in giudizio. In questo modo viene garantito un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del dipendente.
Se il datore contesta al lavoratore fatti precedenti alla segnalazione e agli accertamenti, tali prove non possono essere utilizzate a fini disciplinari. L’accesso a informazioni antecedenti, senza autorizzazione, è considerato illecito e in contrasto con il GDPR.